Sulle donne del Carnevale

Sarà per me il carnevale delle fotografie, delle figlie da vestire, da svestire e da guardare, del lavoro, dei coriandoli in casa, della messa del lunedì, delle chiacchiere a colazione, della cucina dove non puoi non passare perché ti aspettano e, lo dico, della non mascherata (perché quest’anno non mi va). Posso dire, senza che vi troviate nulla di critico, con la più tranquilla ovvietà, che il carnevale di una donna è molto diverso da quello degli uomini per tutto il corso della propria vita, indipendentemente dagli accadimenti. Ognuno sceglie per sé (e così deve essere, si sa), ma quello che vorrei fare è semplicemente scrivere della donna a carnevale: tutti se la immaginano indaffarata, gioiosa, orgogliosa, quasi avvolta da una sorta di aura magica mentre confeziona, fa, briga, prepara. Perché tutto deve essere com’è. In effetti, lo è: chi prepara gli abiti, chi stira foulard, abiti tradizionali, tracolle, persino le calze fatte a mano; chi fa da mangiare per allestire una degna cucina, chi spazza via coriandoli e mette a posto “alla buona” (perché – è risaputo – dal mercoledì al sabato dopo carnevale, qui, se giri tra i vicoli, è un rumore di aspirapolveri e di tappeti che sbattono, un crogiolo di lenzuola e tessuti messi a stendere); chi fa lavatrici e pulisce vetri. Dopo una tre giorni intensa che tutti hanno fatto, ma che tutti non vivono allo stesso modo. E’ diverso, semplicemente diverso. Questione di ruoli. Le donne del carnevale ce le immaginiamo con una sorta di aura intorno – dicevo – (almeno questo accade a me, nonostante sia una donna pure io) felicemente laboriose. E’ vero. In certi momenti è così. Però ce ne sono altri veramente noiosi e quando immaginiamo cosa faccia la donna a carnevale dovremmo pensare che se tutto avviene e se tutto è perfetto così com’è, è perché da qualche parte, c’è stata una donna che si è spesa molto e che non aveva un’aura intorno al corpo mentre lo faceva, ma che di sicuro ha sbuffato. Soprattutto nei ‘tempi morti’ ha sbuffato: quelli dove non ti puoi muovere. Per una buona causa, ma lo ha fatto. Poi sono felici, perché altrimenti se non creasse orgoglio, gioia, senso di appagamento nei confronti non solo della famiglia, ma anche della comunità, non lo farebbero. Però ci tenevo a dire che lo sforzo di una donna, a carnevale, prima e dopo l’evento, è davvero sostanzioso e sostanziale. E la libertà di azione, il senso di fluidità che si sente, la certezza che tutto andrà bene, anche stavolta, sono sensazioni che non sono misurabili perché troppo preziose: sapere che tutto scorre, che puoi vivere un carnevale perfetto, che tu puoi stare via per ore che tanto ‘tutto è bolla’, ogni volta è un privilegio.
Ecco, se dovessi immortalare una donna a carnevale, non lo farei mentre cuce, confeziona, pulisce, lava, stira, crea meraviglie; lo farei mentre attende. L’attesa silenziosa dietro la finestra mentre gli altri sono in movimento: questo merita lo scatto.