Si dice che gli artisti inizino sempre con un quarto d’ora di ritardo. Erano le 5:40 di sabato 15 febbraio 2014 e due pullman partivano alla volta di Einsiedeln. Dieci minuti fuori tempo massimo. Diciamola tutta: eravamo puntualissimi come Capo vuole (alle 5:30 si deve essere in viaggio – aveva detto!) e diciamo anche che avremmo spaccato il secondo se non fosse stato perché c’era da caricare la spesa. Cosa avessero comprato, solo Dio lo sa. Cioè, lo sappiamo, ma… non è che possiamo sempre raccontare tutto, o no?
Siamo partiti per la Svizzera e tornati in Italia con il buio. Nel mezzo, una due giorni a tratti più o meno intensa, ma che ha riservato piacevoli sorprese.
Di questo viaggio posso dire che son partita con un punto di domanda: il nome. Come cavolo si chiamasse ‘sto posto, non era dato sapere con sicurezza. C’è da dire che sabato andavamo a Einsiedeln o al massimo a Ainsideln e, udite udite, al ritorno – grande performance – eravamo stati niente popò di meno che ad Àinzideln, con tanto di ‘z’ dolce, neh. Precisi, come gli ‘sfizzeri’.
La prima sorpresa? Sul pullman, dopo aver fatto colazione in un Autogrill con i controfiocchi (roba che se parti da solo e rifai la stessa strada, così bello non lo trovi e scommetto che tutti hanno pensato che fosse così bello apposta per noi; siamo megalomani, lo sappiamo) ho detto a Erika: “Hai i documenti dei bambini?” E lì…gelo. Fino al confine, perché poi ti informi e scopri che in dogana controllano (ma va?). Non pensiate sia una dimenticanza capitata così. Beh, allora raccontiamola. La sera prima, uno dei suonatori si è ritirato causa influenza, la compagna è rimasta a casa con lui e si sono liberati due posti. Immaginate due bimbi che hanno un piccolo borsone per dormire a casa dei nonni. Vengono svegliati improvvisamente alle 5 di mattina e viene detto loro: “Bambini, alzatevi, tra mezz’ora si va in Svizzera!” La sera prima, vedendo mamma e papà che fanno le valigie ti fai un sano pianto di maliconia; il giorno dopo, senza saperlo, sei in partenza anche tu. Che sia l’alba poco importa. Si aggiungono le cose utili. Voi cosa avreste pensato con 2 bimbi ancora nel letto alle 5 di mattina? Se state pensando ai documenti, vi dico che probabilmente o non avete figli piccoli o li avete già grandi oppure…oppure siete svizzeri. 🙂
Beh, per farla breve, i documenti sono stati lasciati a casa perché il primo pensiero è stato quello di aggiungere indumenti caldi (capita!). E meno male, faceva freschino!
Ma torniamo al pullman. Abbiamo atteso il confine quasi come si attende di tirar fuori una torta dopo che hai già aperto il forno: non sai mai cosa ti trovi. Sono saliti a verificare. Non da noi. Eravamo salvi. Considerando che si stesse già pensando a fare un giro di fortuna sul Lago di Como, possiamo dire che è andata benone.
Giunti a Einsiedeln, ci siamo accomodati in due alberghi molto carini. Abbiamo pranzato tutti insieme e apprezzato l’ottimo cibo.
Nel pomeriggio, Silvia, Mariella e Emanuela avevano organizzato una visita guidata e così, alle 15, eravamo davanti alla maestosa Abazia. Ad aspettarci la guida, che ha esordito così: “Puonciorno, dofete scusare mio italiano”. Abbiamo risposto: “Sapesse il nostro tedesco!” E lei: “Zi, ma foi non ziete cuida”. Eh, che dire? Non fa una piega.
Non sto a spiegarvi tutta la visita guidata e vi allego delle foto. Non mi ricordo tutto, ma quello che rimane impresso è tale perché c’è un motivo. Ognuno si ricorda cose diverse. A me è piaciuta più che l’Abazia in sé, di chiaro stile barocco, la scuderia (con i cavalli dell’Abate) e la Biblioteca.
Usciti dalla biblioteca, siamo tornati in chiesa perché ogni giorno, alle 16.55, non alle 17, alle 16.55, c’è la processione dei 60 monaci dell’Abazia che dall’abside vanno verso il fondo della chiesa dove c’è la Madonna Nera. Giunti in prossimità, cantano il Salve Regina. Immaginateli così: con un saio nero, belli bianchi in viso e un canto simil gregoriano che risuona ovunque. Beh, avevano il loro perché. Sono uscita e, se mi avessero detto che eravamo andati indietro nel tempo, ci avrei creduto. Grande intensità in pochi istanti.
Il pomeriggio e la sera sono stati un po’ strani. La giornata era stata arricchita da elementi culturali ma del carnevale, tranne sporadiche apparizioni, non c’era traccia. Oltretutto, parte del gruppo veniva dall’esperienza tedesca di Endingen e il confronto nasceva spontaneo. In effetti, la sera i Ballerini si sono esibiti, ma in contesto poco festoso, quasi si sentisse odore di flop.
Il giorno dopo, invece, rincuorati da una colazione super abbondante, siamo usciti, abbiamo visitato il borgo, fatto qualche spesuccia (succo di acero, cioccolata e quant’altro) e, senza nemmeno accorgerci, si è creata una bellissima atmosfera. La gente ha riempito le strade, le maschere si sono riunite per gruppi di appartenenza e la sfilata è cominciata. Ricordo di aver pensato: “Ma tutta sta gente dov’era, poi???”
Tra tutti, ricorderò il Pifferaio Magico (ormai l’ho chiamato così): una maschera che, pur avendo un proprio gruppo che si esibiva nella strada principale, girovagava solitario in una traversa e spuntava fuori inaspettatamente, come un fantasma.
Il momento più intenso per me? Direte: vederli ballare! No (in realtà, non capisco come facciano, ma ogni volta che li guardo è come fosse la prima: innamorata forever!). È stato quando li ho ammirati da dietro, camminare in fila per due, ordinatamente, mano nella mano. Guanti bianchi a coprire il sigillo. Passo all’unisono e foulard ondeggianti. In senso contrario, venivano i Jokili di Endigen. Vedendoli, hanno detto a gran voce, con il sorriso di chi si ritrova: “Ciao, Meravigliosi!” e hanno intonato per loro una canzone. I nostri la conoscono bene; l’avevano imparata ospiti in Germania. E subito si sono uniti al coro intrecciando le mani alle loro. Culture diverse che si incontrano in musica. Già, Meravigliosi.
Con questa immagine, che penso non dimenticherò mai, ho fissato il mio ricordo in quella cittadina svizzera dal nome strano e curioso.
Pensavo che non potesse accadere più nulla giunta al mio paese, che fosse solo “casa”. Invece, all’una di notte, Don Paolo ha suonato le campane per annunciare il ritorno della Compagnia.
La Compagnia ritornava a Bagolino e le campane suonavano a festa…